GEO (Generative Engine Optimization): hype, realtà e cosa conviene fare davvero

Premesse 🙂

  • GEO non è “nuova SEO”: è soprattutto data & delivery optimization per motori generativi (chatbot, agent, answer engine).

  • Il 90% del lavoro utile è strutturare contenuti e cataloghi per l’ingestione da parte di modelli, ridurre ambiguità semantica, e presidiare gli “ingressi” dai quali gli LLM apprendono/recuperano.

  • Gli acronimi (GEO, AEO, AIO…) aiutano a vendere slide e anche i corsi SEO :) ; il valore sta nel metodo: capire il bisogno → produrre la migliore risorsa → renderla “leggibile” e “preferibile” per l’engine.

  • KPI nuovi: presence share nelle risposte, coverage del catalogo in retrieval, qualità citazioni, tasso di azioni agentiche (click-to-task, add-to-cart in chat, ecc.).

Che cos’è davvero la GEO (senza fumo)

Chiamo GEO l’insieme di pratiche che aumentano la probabilità che un motore generativo:

  1. recuperi i tuoi contenuti/dati quando “pensa” (retrieval o memory),

  2. li capisca senza equivoci (disambiguazione semantica),

  3. li preferisca perché più completi, affidabili, aggiornati,

  4. li mostri in modo utile (citazioni, schede, call-to-action),

  5. agisca (dalla prenotazione al checkout) usando i tuoi endpoint.

È meno “posizionamento” e più ingegneria dei dati + UX conversazionale.

Il termine GEO (Generative Engine Optimization) è spesso evocato come la “prossima frontiera della SEO”, la chiave per apparire nei motori generativi e nelle AI conversazionali. Ma dietro l’acronimo si nasconde un insieme complesso di pratiche che uniscono dati strutturati, ingegneria dei contenuti, capacità di retrieval e integrazioni API. L’obiettivo non è semplicemente “posizionarsi”, ma essere riconosciuti, recuperati ed “elaborati” nei flussi generativi.

GEO vs SEO “classica”: differenze operative

Dimensione SEO tradizionale GEO
Superficie SERP Risposta generativa / chat / agent
Segnali link, contenuto on-page, CWV, intent Struttura dati, feed, API, RAG, segnali di attendibilità
Delivery pagine + sitemap cataloghi/knowledge graphs, API, embeddings, documenti chunked
Misura ranking, CTR, traffico share of answer, coverage, citazioni, azioni in-chat

Conclusione: non butti la SEO; la estendi a dati e integrazioni che gli LLM possano usare.

GEO non è solo SEO con fiori e luci aggiuntive: è lavorare su:

  1. Retrieval readiness — fare in modo che i tuoi dati/contenuti compaiano quando il sistema “pensa” (fa retrieval).

  2. Semantic clarity / fine-grain structure — evitare ambiguità, organizzare i contenuti in unità che un modello generativo possa comprendere e concatenare linearmente.

  3. Preferibilità contestuale — non basta essere presente: devi essere il “migliore candidato” per un prompt, rispetto ad altri contenuti. Questo richiede qualità, freschezza, autorevolezza, e segnali esterni coerenti (backlink, riferimenti, notorietà).

  4. Interazione / action endpoints — l’utente deve poter fare qualcosa: cliccare, prenotare, acquistare, chiedere info, il tutto senza “uscire” spesso.

  5. Governance dati e versioning — i modelli odiano l’incoerenza: se un dato cambia, devi assicurarti che l’AI sappia del cambiamento e non continui a recuperare dati obsoleti.

 Il “grande inganno”: acronimi vs sostanza come dice Giorgio Tave &Co

Onestamente? GEO, AEO, AIO: utili per incasellare, fuorvianti per lavorare. Ma li adoro 🙂 [sono controccorente]
Io preferisco parlare di Search Ecosystem Optimization: ottimizzi per l’ecosistema in cui avviene la ricerca—Google, ChatGPT, marketplace, social, app vocali. Il principio non cambia:
Bisogno → Risorsa (migliore della concorrenza) → Rendila ingeribile e preferibile per il sistema che genera la risposta.

Architettura dei contenuti “LLM-ready”

Contenuti testuali

  • Chunking: spezza in unità coese (300–800 parole) con titoli densi di contesto.

  • Sezioni Q&A: riducono l’“hallucination gap” e aumentano il match intent→risposta.

  • Terminologia controllata: evita sinonimi casuali su concetti core; aiuta le entità.

  • Attributi espliciti (prezzi, specifiche, condizioni, tempi): niente frasi vaghe.

 Dati strutturati e feed

  • Schema esteso (prodotto, organizzazione, FAQ, recensioni) con ID coerenti.

  • Feed JSON/XML per cataloghi, disponibilità, prezzi, localizzazioni, policy.

  • Relazioni: collega prodotti↔categorie↔use case↔compatibilità (knowledge graph).

  • Versioning & freshness: timestamp e checksum; gli LLM penalizzano l’obsolescenza.

 Documentazione e fonti primarie

  • Manuali, whitepaper, policy, schede tecniche: PDF/HTML accessibili, sommari, TOC, ancore, estratti machine-friendly.

 Retrieval & RAG: dove si vince la GEO

Molti modelli usano retrieval-augmented generation: prima cercano, poi generano.

  • Indice proprietario (quando possibile): esponi endpoint o repository con i tuoi documenti “puliti”.

  • Embedding sensati: i campi giusti (titolo, feature, SKU, “who/what/where/when/how”).

  • Deduplicazione e canonical: un solo “golden record” per entità/prodotto.

  • Policy di citazione: offri snippet e metadati che rendano facile la citazione corretta.

Esempio
Un’azienda B2B con 5.000 schede tecniche:

  • Converte PDF in HTML strutturato,

  • Crea chunk di 600 parole + metadati (modello, tolleranze, norme),

  • Genera embedding su “problema→soluzione→spec”,

  • Pubblica un feed aggiornato ogni 24h,

  • Risultato: nelle risposte tecniche il modello pesca più spesso le schede B2B come fonte.

Disambiguazione semantica e entity strategy

Gli LLM odiano l’ambiguità.

  • ID stabili per brand/prodotti/linee (URI univoci, non solo slug).

  • Alias e sinonimi mappati: se ti chiamano in 3 modi, dichiaralo nel grafo.

  • Context frames: “questo prodotto risolve X per Y in scenario Z” (use case).

  • Immagini con alt descrittivi + EXIF pulito quando utile (no keyword stuffing).

GEO per e-commerce: dal listing al checkout in chat

  • Schede prodotto parlanti: benefici + vincoli (compatibilità, limiti, manutenzione).

  • Variant logic chiara (colori, taglie, bundle) e stock in tempo reale.

  • Policy cristalline: resi, garanzie, tempi e costi di spedizione machine-readable.

  • CTA agentica: endpoint per add-to-cart, check disponibilità, prenota.

  • After-answer UX: la risposta non finisce nel testo; deve proporre un’azione.

Esempio
Un negozio di ricambi auto pubblica endpoint “compatibilità per targa/VIN”: l’agent può verificare in tempo reale se un pezzo va bene per quel veicolo e proporre l’acquisto senza uscire dalla chat. Questo è GEO applicata.

 Misurare la GEO (senza impazzire)

Nuove metriche operative:

  • Answer Presence Share (APS): % di conversazioni (per topic) in cui “appari” come fonte o prodotto.

  • Citation Quality Score: completezza e accuratezza delle menzioni (nome corretto, modello, prezzo).

  • Retrieval Coverage: % del catalogo/documenti che il sistema riesce a recuperare.

  • Action Rate: azioni eseguite dall’agent su tuoi endpoint (info request, add-to-cart, booking).

  • Freshness Hit Rate: quante risposte usano dati aggiornati (< X giorni).

Come si fa, in pratica?

  • Batterie di prompt sintetici per i tuoi topic (“valvole a sfera DN40 uso alimentare”, “policy resi EU 30 giorni”).

  • Test mensili con scoring semi-manuale (appari/non appari, qualità citazione, correttezza).

  • Canary docs con dati volutamente distintivi: se non emergono, c’è un problema di retrieval.

Contenuti E-E-A-T per motori generativi

  • Experience: casi d’uso veri, procedure passo-passo, foto originali.

  • Expertise: firme con credenziali, glossari tecnici, riferimenti normativi chiari.

  • Authoritativeness: coerenza di marca, grafi di entità, presenza cross-canale consistente.

  • Trust: policy leggibili dalle macchine, tracciabilità prezzi/stock, revision history.

 Privacy, conformità, rischio “lock-in”

  • Minimizzazione dati negli endpoint agentici; evita di esporre PII non necessari.

  • Controllo versioni & revoca: se ritiri un documento, il sistema deve saperlo.

  • Portabilità: non legarti a un solo formato/fornitore; usa standard aperti quando possibile.

  • Governance: sapere chi pubblica cosa, dove, quando (e perché) non è un optional.

Differenze chiave rispetto alla SEO classica

  • Spazio di visibilità: non più SERP, ma risposte conversazionali, “snippet dinamici”, interfaccia agentica.

  • Segnali di fiducia: non solo link e autorità su web, ma coerenza di entità, ricorrenza semantica, date, aggiornamenti, consenso tra fonti.

  • Modalità di ranking: i modelli generativi spesso combinano retrieval + generazione. Se il tuo contenuto non viene recuperato, non ha nemmeno la chance di essere “citato” o mostrato.

  • Feedback loop più diretto: le azioni dell’utente dentro la chat (click, approfondimenti, richieste) diventano segnali utili per il sistema, un “micro-retargeting interno”

  • L’illusione dell’effetto “riuscita istantanea”: molti credono che basti “fare GEO” e il traffico verso le risposte generative arriverà da solo. Ma non è così: si tratta di costruire una massa critica di contenuti, dati, entità con congruenza, e aspettarsi che diventi parte del flusso generativo. È un investimento lungo.

  • Il rischio del “contenuto piatto”: spingere troppo per la leggibilità per AI può rendere i contenuti blandamente generici, privi di personalità. Serve una tensione: umanità + struttura.

  • Dipendenza dalle “scelte” dell’AI: anche se il tuo contenuto è perfetto, il modello generativo potrebbe preferire altre fonti per ragioni di peso (autorevolezza percepita, freschezza, segnali indiretti).

  • La pressione dei clienti sugli acronimi: molti vogliono “fare GEO” come fosse una checklist. In realtà, è – ancora una volta – il pensiero strategico e l’esecuzione disciplinata che fanno la differenza, non la sigla.

Playbook operativo (checklist sintetica ahh :))

  1. Mappa intent per topic strategici (informativo, transazionale, operativo).

  2. Inventario contenuti → chunk, gap, obsolescenza, doppioni.

  3. Grafo di entità (prodotti, persone, sedi, norme, use case) con ID stabili.

  4. Feed/Schema completi, aggiornati, con endpoint di azione (add-to-cart, booking).

  5. Documenti “LLM-ready”: Q&A, esempi, tabelle parametriche, policy esplicite.

  6. Pipeline di embedding per i campi importanti; dedup e canonical.

  7. Test sintetici mensili (APS, coverage, citation quality, action rate).

  8. Governance: ruoli, versioni, SLA di aggiornamento, piani di rollback.

  9. Privacy & compliance: minimizzazione dati, portabilità, audit trail.

  10. Evita lock-in: standard aperti, export regolari, ambienti di staging.

La GEO non è una moda da inseguire acriticamente, ma neppure un’etichetta vuota: è il ponte tra ciò che sai/produci e il modo in cui i sistemi generativi capiscono, richiamano e agiscono su quei contenuti. Se cerchi un singolo “hack”, non c’è. C’è disciplina: dati in ordine, contenuti migliori, integrazioni chiare, misurazione costante.
Il resto—gli acronimi—può rimanere sulle slide. Tu porta risorse impeccabili dove nascono le risposte.

Preferisco parlare di ottimizzazione dell’ecosistema di ricerca: che tu voglia emergere in ChatGPT, in motori AI o su TikTok, il principio è sempre: comprendere il bisogno, creare la risorsa migliore e renderla ingeribile, disambiguata e preferibile per il sistema che media la risposta. Chiamalo “SEO per ChatGPT”, “SEO per motori AI” o “SEO per TikTok”: i nomi cambiano, il metodo no. L’acronimo fa parlare, ma non costruisce valore: il valore viene da contenuti straordinari, da dati ben organizzati, da integrazioni corrette e da test continui.

Fonti: Web, AEO; AIO; IEO; GOOGLE e molte altre