Cosa succede quando l’intelligenza artificiale incontra lo shopping online? OpenAI ha appena alzato il sipario su una novità destinata a far parlare SEO, marketer e appassionati di tecnologia: una funzione di shopping integrata in ChatGPT. Immagina di chiedere al tuo assistente AI “Qual è la migliore macchina espresso sotto i 200 euro?” e di ricevere non solo una risposta testuale, ma un elenco di prodotti completi di immagini, descrizioni, prezzi e link diretti all’acquisto. Sembra fantascienza? È già realtà, almeno in fase iniziale. In questo articolo analizziamo nel dettaglio come funziona questa nuova feature, da dove attinge i dati e perché potrebbe rappresentare un cambiamento epocale sia per chi fa SEO che per i merchant dell’e-commerce. Il tutto con uno sguardo critico e riflessivo, nello stile di chi vive quotidianamente il mondo della ricerca online.
ChatGPT ora ti consiglia cosa comprare: come funziona la nuova funzione shopping
La nuova funzione di shopping integrata in ChatGPT trasforma l’esperienza classica di chat in qualcosa di molto simile a un personal shopper virtuale. Quando l’utente pone una domanda con intento di acquisto (ad esempio “migliori cuffie noise-cancelling sotto i 200€”), ChatGPT attiva una modalità di ricerca prodotti e presenta risultati strutturati all’interno della conversazione. Ecco come appare e agisce questa funzionalità:
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Schede di prodotto integrate: ChatGPT restituisce una galleria di prodotti pertinenti con immagine, nome, prezzo e una breve etichetta descrittiva (es. “Scelta versatile”, “Design compatto”). Queste schede sono visualizzate direttamente nel flusso della chat, rendendo la risposta molto più ricca di un semplice elenco testuale.
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Dettagli e recensioni sintetizzate: Oltre all’immagine e al prezzo, l’AI fornisce una breve descrizione o spiegazione per ciascun prodotto selezionato. Si tratta di un riassunto dei punti chiave – ad esempio le caratteristiche, i pro e contro o perché quel modello è consigliato – ricavati dall’analisi di recensioni e schede tecniche disponibili online. In pratica, ChatGPT giustifica le sue scelte proprio come farebbe un esperto che ti consiglia, citando motivazioni basate su opinioni e dati trovati in rete.
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Link diretti all’acquisto: Su ogni scheda c’è un pulsante “Buy” (o equivalente, in italiano potrebbe essere “Acquista”) che porta direttamente al sito del venditore dove è possibile completare l’acquisto. Importante sottolineare: l’acquisto vero e proprio non avviene dentro ChatGPT, ma sul sito esterno del merchant selezionato. ChatGPT fa da tramite, semplificando la fase di ricerca e scelta, per poi reindirizzare l’utente al checkout sul negozio online appropriato.
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Opzioni di rivenditori multipli: Cliccando su un prodotto suggerito, l’interfaccia mostra diverse opzioni di acquisto: ad esempio, potresti vedere lo stesso articolo disponibile su Amazon, Walmart, o sul sito ufficiale del brand, ciascuno con il proprio prezzo e condizioni (spedizione, resi, ecc.). Questa pluralità di choice ricorda molto Google Shopping, dove un prodotto può essere venduto da più store: l’utente può così confrontare subito prezzi e offerte senza dover effettuare ulteriori ricerche manuali.
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Esperienza conversazionale continua: Poiché tutto avviene all’interno di ChatGPT, l’utente può fare domande di follow-up in modo naturale. Si potrebbe chiedere “Ma questo modello ha il montalatte integrato?” oppure “Mostrami solo quelli del marchio De’Longhi”. ChatGPT contestualizza la richiesta successiva tenendo conto della selezione mostrata, affinando ulteriormente i risultati. Questa capacità di raffinare la ricerca attraverso la conversazione è un elemento di forte differenziazione rispetto a un motore di ricerca tradizionale.
In sintesi, la funzione shopping di ChatGPT fonde ricerca, comparazione e consigli personalizzati in un’unica interfaccia. L’obiettivo dichiarato è rendere l’esperienza di trovare e scegliere prodotti più semplice e veloce, come se avessimo un commesso esperto a disposizione via chat. Ma come riesce ChatGPT a fare tutto ciò? La chiave sta nei dati che alimentano queste raccomandazioni.
I siti di affiliazione erano gia messi KO da google ed ora?
Da dove arrivano i dati? Metadati strutturati e fonti di informazione
Per fornire consigli d’acquisto credibili e accurati, ChatGPT attinge a una varietà di fonti online, facendo leva sia su dati strutturati che su contenuti testuali di qualità.
Ecco i pilastri che alimentano questa funzionalità:
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Metadati strutturati dai siti web: ChatGPT sfrutta i dati strutturati (come i markup schema.org di tipo Product, offerte, recensioni, ecc.) presenti sulle pagine e-commerce. In pratica, quando il suo crawler di ricerca (
OAI-SearchBot
) esplora il web, può individuare informazioni chiave come il nome del prodotto, il prezzo, le immagini, la disponibilità e magari un rating medio, perché sono presentate in forma organizzata nel codice delle pagine. Questi metadati strutturati forniscono all’AI una base affidabile e aggiornata per comporre le schede prodotto mostrate in chat. Ad esempio, se un sito di elettronica ha implementato correttamente i dati strutturati per un televisore 4K (nome modello, prezzo, immagine, etc.), ChatGPT può raccogliere tali dettagli e inserirli nella sua risposta quando quel televisore risulta rilevante per la query di un utente. -
Contenuti di recensioni e guide all’acquisto: Oltre ai dati “numerici” e anagrafici del prodotto, l’AI ha bisogno di capire quanto quel prodotto sia valido e perché potrebbe piacere all’utente. Per farlo analizza contenuti testuali sul web: recensioni professionali (articoli di test e comparativa, guide “Top 10”) e opinioni degli utenti (forum, social, thread su Reddit, ecc.). OpenAI ha dichiarato che ChatGPT pesca da un mix di fonti, ad esempio una guida all’acquisto di una rivista specializzata così come discussioni su forum di appassionati. Il modello di AI sintetizza questi testi per estrarre concetti come i punti di forza e debolezza di ciascun prodotto, ciò di cui si parla più frequentemente (es. “questa macchina espresso è lodata per la facilità d’uso, ma criticata per la rumorosità”). In sostanza sta leggendo al posto nostro le recensioni online e ne fa un digest comprensibile.
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Preferenze e contesto dell’utente: Un aspetto innovativo è che ChatGPT può tenere conto delle indicazioni personali fornite dall’utente nella conversazione corrente (e potenzialmente anche in precedenti, se pertinenti). Ad esempio, se in chat dico “preferisco acquistare solo abbigliamento nero e da negozi italiani”, l’assistente cercherà di ricordarlo e di filtrare/ranghizzare i consigli futuri in linea con queste preferenze. Questo rende i risultati più personalizzati di una ricerca tradizionale su Google, che di solito è uguale per tutti a parità di query (salvo personalizzazioni limitate basate sull’account Google). In ChatGPT invece l’utente può “insegnare” i propri gusti nel corso della conversazione, e l’AI adatterà di conseguenza le raccomandazioni.
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Aggregazione e indipendenza dei risultati: OpenAI tiene a precisare che i prodotti mostrati sono scelti in modo organico dall’AI, non perché qualche merchant abbia pagato per comparire. A differenza di Google Shopping, attualmente non ci sono inserzioni pubblicitarie né posizionamenti a pagamento in queste risposte: il criterio di selezione è legato alla rilevanza e qualità percepita, non a un’asta pubblicitaria. Detto questo, va sottolineato che i merchant e siti di e-commerce non vengono inclusi “per magia”: se un sito ha bloccato il crawler di OpenAI, i suoi prodotti non verranno visti dall’AI. Perciò è fondamentale per gli e-commerce permettere la scansione da parte di OAI-SearchBot (simile a come fanno con Googlebot), e assicurarsi che sul sito ci siano informazioni strutturate ben formattate. OpenAI sta anche lavorando a un sistema di feed diretto: i merchant potranno in futuro inviare proattivamente a ChatGPT i propri cataloghi prodotti tramite feed (un po’ come avviene con Google Merchant Center), così da garantire liste più aggiornate e complete. Al momento è in fase di test una pagina di iscrizione per le aziende interessate a fornire feed, segno che l’ecosistema di dati andrà ad arricchirsi ulteriormente oltre al semplice crawling del web.
In pratica, ChatGPT funge da metamotore verticale: setaccia il web per informazioni strutturate e non, le incrocia e le comprime in un formato dialogico. Non si limita a cercare “il prodotto X su Amazon” come potrebbe fare un utente, ma cerca di comprendere quali prodotti valgono la pena in base al contesto della domanda e alle valutazioni diffuse online. Tutto ciò richiede un enorme lavoro di data mining e NLP sotto al cofano, ma per l’utente finale è trasparente: vede soltanto i risultati finali confezionati con cura.
Shopping
We’re experimenting with making shopping simpler and faster to find, compare, and buy products in ChatGPT.
✅ Improved product results
✅ Visual product details, pricing, and reviews
✅ Direct links to buyProduct results are chosen independently and are not ads.… pic.twitter.com/PkZwsTxJUj
— OpenAI (@OpenAI) April 28, 2025
Disponibilità e fase di rilascio: dove e quando è attiva questa funzione?
La funzionalità di shopping in ChatGPT è fresca di annuncio (OpenAI l’ha svelata pubblicamente ad aprile 2025) e si trova attualmente in fase di rollout sperimentale. Cosa significa? In primo luogo, la feature è inizialmente limitata ad alcune categorie merceologiche dove l’AI può brillare nella comparazione: si è parlato di elettronica, prodotti di bellezza, articoli per la casa e moda come primi settori supportati. Questo ha senso, perché sono ambiti con tantissime varianti di prodotto e un corpus enorme di recensioni online da cui attingere.
OpenAI ha indicato che l’intenzione è di rendere questa esperienza di shopping disponibile a tutti gli utenti di ChatGPT, indipendentemente dal fatto che abbiano un account Plus a pagamento o utilizzino la versione gratuita. In pratica, la funzione dovrebbe pian piano comparire nell’interfaccia di ChatGPT di chiunque, non solo dei beta tester o sviluppatori. È probabile che all’inizio il rollout sia avvenuto principalmente per le ricerche in lingua inglese e in mercati come gli Stati Uniti, dove tra l’altro risiedono molti dei partner commerciali (grandi retailer e siti con cui OpenAI può aver stretto accordi per i dati). Tuttavia, nulla vieta che con il tempo l’AI venga addestrata a fornire risultati di shopping anche in altre lingue, Italia inclusa, soprattutto man mano che raccoglie dati globali e che i merchant di ogni paese iniziano a inviare i loro feed.
Possiamo immaginare la fase attuale come una sorta di beta pubblica: la funzionalità c’è, ma OpenAI la presenta come “sperimentale”. Stanno raccogliendo feedback su come gli utenti interagiscono, verificando l’accuratezza dei consigli e monitorando eventuali errori (ad esempio prezzi errati o prodotti non più disponibili). È un momento delicato, perché introdurre risultati di shopping significa anche gestire aspettative elevate: se l’AI consiglia un prodotto esaurito o con informazioni sbagliate, l’esperienza utente ne risente. Ecco perché, parallelamente al rilascio, OpenAI ha fornito linee guida ai siti web e sta coinvolgendo attivamente merchant e publisher. Hanno predisposto un portale informativo in cui spiegano come non essere esclusi (ad esempio, controllando il robots.txt
per permettere al loro crawler di accedere) e offrono un modulo per candidarsi all’invio di feed. Tutti segnali che indicano come questa funzionalità sia destinata a crescere e migliorare nei prossimi mesi.
In sintesi, al momento la funzione di shopping in ChatGPT è in rampa di lancio: già visibile per molti utenti e destinata a un rollout completo. Siamo nelle primissime fasi di quella che potrebbe diventare una componente stabile di ChatGPT, quindi è il momento in cui chi opera online deve iniziare a prestare attenzione e sperimentare, senza però dare per scontato che sia già perfetta o onnipresente in ogni mercato.
ChatGPT Shopping vs Google Shopping: quali sono le differenze?
Fonte TomsHardware
Non si può evitare il confronto: l’incursione di ChatGPT nel territorio dello shopping online mette questo strumento a paragone con Google Shopping, la piattaforma a cui siamo abituati da anni per cercare prodotti. Pur avendo entrambi l’obiettivo di aiutare l’utente a trovare articoli e comparare prezzi, l’approccio di ChatGPT presenta differenze sostanziali rispetto a Big G. Ecco i punti chiave di distinzione:
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Esperienza conversazionale vs. esperienza di ricerca tradizionale: Google Shopping (così come la ricerca Google classica) richiede all’utente di formulare query, applicare filtri e sfogliare risultati in modo autonomo. ChatGPT invece offre un’esperienza dialogica: l’utente può porre domande in linguaggio naturale e affinare le richieste a voce, ottenendo risposte immediate sotto forma di consigli. In altre parole, Google ti mostra una lista di prodotti, ChatGPT ti accompagna nella scelta, spiegando e rispondendo ai dubbi in tempo reale.
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Organico vs. sponsorizzato: Uno dei contrasti più marcati è la natura dei risultati. Su Google Shopping molti prodotti in cima sono inserzioni a pagamento (schede sponsorizzate da merchant tramite Google Ads). Anche i risultati “gratuiti” su Google sono influenzati da strategie SEO e accordi commerciali. ChatGPT, almeno in questa fase, non mostra alcun annuncio né posizionamenti a pagamento. I prodotti vengono selezionati in base alla rilevanza e alla qualità percepita dai contenuti web, non perché un venditore ha pagato per apparire. Questo potrebbe dare a ChatGPT un’aura di maggiore imparzialità agli occhi dell’utente, simile a un consulente che non prende commissioni (anche se resta da vedere se in futuro verranno introdotti modelli di monetizzazione come affiliazioni o fee per lead, cosa che OpenAI non esclude ma per ora non implementa).
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Personalizzazione delle raccomandazioni: Google Shopping offre opzioni di filtro (per prezzo, marca, caratteristiche) e certamente Google conosce molto di noi attraverso il nostro account, ma in genere non c’è un vero dialogo personalizzato. ChatGPT invece può memorizzare preferenze dichiarate dall’utente e tenere conto del contesto. È un livello di personalizzazione più esplicito: se dici a ChatGPT “non voglio prodotti cinesi” oppure “il mio budget ideale è 100€, ma fammi vedere anche qualcosa di poco sopra”, l’assistente capisce e adegua le risposte. Google ti costringerebbe magari a raffinare la query o applicare manualmente filtri, qui avviene tutto fluidamente nella conversazione.
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Fonte delle informazioni di supporto: Quando Google mostra risultati di shopping o schede di prodotto, spesso include alcune recensioni con stelline e magari una frase estratta automaticamente, ma per approfondire devi cliccare su un sito. ChatGPT invece ti dà già un estratto delle recensioni e delle caratteristiche chiave nel testo della risposta. È come se la “scheda prodotto” di Google venisse arricchita da un mini articolo riassuntivo creato al volo dall’AI. Inoltre ChatGPT combina fonti diverse (unendo pareri da forum, articoli, blog) e può persino chiederti che tipo di recensioni preferisci leggere (professionali vs utenti) per modulare il suo consiglio. Google non ti chiede che tipo di fonte vuoi, semplicemente classifica risultati secondo il suo algoritmo.
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Interfaccia e interazione: Google Shopping è un catalogo visuale dove l’utente clicca sui risultati per saperne di più; ChatGPT integra i risultati dentro una chat. Questo significa che in ChatGPT puoi scrollare la conversazione e vedere che, ad esempio, prima hai chiesto un consiglio sui telefoni, poi sulle cuffie, tutto nello stesso luogo. L’esperienza è continuativa. Google, al contrario, tratta ogni ricerca come un caso a sé: se cambi query, ricomincia da capo, a meno che tu non navighi indietro. Per chi è abituato a usare assistenti vocali o chat, l’approccio di ChatGPT risulterà più naturale e coinvolgente.
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Trasparenza e controllo: Google ha costruito nel tempo una certa fiducia (non priva di critiche) su come classifica i risultati, e i SEO conoscono – almeno in parte – i fattori che influenzano il ranking. Con ChatGPT, la “scatola” è più opaca: l’AI decide in base a criteri qualitativi e al suo addestramento. L’utente medio potrebbe non sapere perché proprio quei 3 prodotti sono stati scelti. OpenAI afferma che l’AI “cerca di capire come ne parlano le persone online” più che seguire un algoritmo di ranking fisso, il che è intrigante ma anche meno controllabile. In pratica, con Google se vuoi più visibilità investi in SEO o in Ads; con ChatGPT, almeno per ora, non puoi pagare per emergere né esiste un trucco SEO dichiarato, se non avere buoni dati e buone recensioni che l’AI possa “percepire”.
In definitiva, Google Shopping rimane uno strumento potentissimo e collaudato per trovare prodotti, soprattutto se l’utente sa già cosa vuole e vuole vedere opzioni rapidamente. ChatGPT Shopping si presenta come un’esperienza più guidata e “user-friendly” per chi è in modalità scoperta, indeciso sul da farsi e magari preferisce leggere un consiglio riassuntivo piuttosto che aprire 10 schede del browser. Le differenze sono tali che i due modelli potrebbero convivere, ognuno con i propri sostenitori: c’è chi amerà l’interattività dell’AI e chi continuerà a preferire la navigazione classica e il controllo totale sulla ricerca. Di certo, Google avrà notato la mossa e risponderà evolvendo il suo servizio (basti pensare agli esperimenti di Search Generative Experience che Mountain View sta lanciando per integrare l’AI nelle ricerche). La partita è aperta.
Impatto sull’e-commerce e sulla visibilità dei prodotti online
Dal punto di vista di chi si occupa di SEO e gestisce e-commerce, l’introduzione di ChatGPT Shopping apre nuovi scenari e interrogativi. Dove andranno a finire gli utenti che oggi cercano prodotti su Google? Se una fetta di utenti inizierà a usare ChatGPT per trovare idee d’acquisto, potrebbe ridursi il traffico verso i risultati organici tradizionali e modificarsi le dinamiche di visibilità dei prodotti. Analizziamo alcuni punti chiave dell’impatto che si prospetta:
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Una nuova sorgente di traffico (da coltivare): ChatGPT, integrando link diretti ai merchant, diventa di fatto un nuovo referrer di traffico per i siti di e-commerce. Nei sistemi di analytics degli shop online potremo iniziare a vedere visite provenienti da
chatgpt.com
(OpenAI ha già confermato che aggiunge un parametro UTM specifico ai link per essere tracciato). Questo significa che, così come oggi ottimizziamo per Google, Amazon, Bing, ecc., domani dovremo considerare come “posizionarsi” su ChatGPT. In mancanza di un vero ranking SEO manipolabile, la chiave sarà assicurarsi che il proprio catalogo sia leggibile dall’AI (tramite dati strutturati o feed diretti) e che i propri prodotti abbiano buone recensioni online. È un cambio di mentalità: dall’ottimizzare per un algoritmo tradizionale al fornire ottimi dati a un’intelligenza artificiale. Chi muoverà per tempo questi passi (ad esempio implementando markup schema.org completi, fornendo API/feed a OpenAI quando sarà possibile e in generale curando la reputazione online dei propri prodotti) avrà più chance di essere incluso nei suggerimenti di ChatGPT. -
Possibile calo di visibilità per chi vive di comparazioni e affiliazioni: Molti siti e blog oggi prosperano grazie al traffico organico su keyword come “migliori [categoria prodotto]” o “recensione [prodotto X]”. Questi contenuti attirano utenti da Google, che poi magari cliccano link di affiliazione per l’acquisto. Ora, se ChatGPT risponde a quelle stesse query direttamente in chat con una lista di top 5 prodotti e link di acquisto, quanti utenti sentiranno ancora il bisogno di cliccare su un blog esterno? Il rischio concreto è un calo di click verso quei siti di recensioni e comparatori, perché l’AI ne ha già sintetizzato il valore e l’ha servito su un piatto d’argento. Dal punto di vista SEO, potrebbe diventare più difficile ottenere traffico per quei contenuti informativi/commerciali, un po’ come accadde con i featured snippet di Google (che davano una risposta immediata in SERP riducendo i clic). La differenza qui è che la risposta AI è molto più ricca e completa di un semplice snippet, quindi l’effetto “zero-click” potrebbe essere ancora più accentuato.
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Dilemma per i publisher: contenuti usati ma meno visite dirette: Un sito come una rivista tech o un blog specializzato potrebbe vedere le proprie recensioni citate o usate implicitamente da ChatGPT per formulare i consigli, ma senza ottenere poi la visita dell’utente. Da un lato, il brand potrebbe guadagnare visibilità se ChatGPT menziona la fonte (non è chiaro quanto l’assistente renderà esplicite le fonti nelle risposte standard, anche se pare ci sia un pannello “fonti” consultabile). Dall’altro, meno traffico diretto significa meno possibilità di monetizzare tramite pubblicità o affiliazioni. Si crea quindi una tensione già nota nell’era delle snippet e degli assistenti vocali: come farsi riconoscere e remunerare quando è un AI a intermediare la tua informazione? Alcuni grandi publisher (es. testate internazionali) hanno già stipulato accordi di licenza con OpenAI per dare accesso ai contenuti; questo potrebbe diventare prassi se i volumi di utenti su ChatGPT Shopping esploderanno, costringendo chi crea contenuti a trovare nuovi modelli di business (ad esempio partnership dirette con OpenAI, o sviluppo di propri chatbot per mantenere gli utenti nel proprio ecosistema).
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Visibilità dei piccoli e grandi merchant: C’è poi da considerare chi viene mostrato come venditore nelle opzioni di acquisto. Se ChatGPT, per un dato prodotto, mostra sempre e solo le opzioni di colossi come Amazon o eBay, i piccoli e-commerce rischiano di rimanere nell’ombra, anche se magari vendono quell’articolo a prezzo migliore. Tuttavia, OpenAI sostiene che “qualsiasi sito o merchant può apparire” purché rispettino i requisiti tecnici. Dunque, un merchant medio-piccolo ha comunque la possibilità di emergere accanto ai big, forse più che su Google dove il dominio dei marketplace è schiacciante. Sarà cruciale per i merchant fornire dati esatti e aggiornati (nessuno vuole cliccare su ChatGPT “Compra a 50€” e poi trovare che sul sito costa 70€ o è esaurito). Inoltre, i merchant dovranno monitorare attentamente le performance: se ChatGPT inizia a portare vendite, diventerà un canale di acquisizione nuovo a cui dedicare risorse (ottimizzazione del feed, monitoraggio prezzi concorrenziali per risultare come opzione più attraente, ecc.).
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SEO tecnico e strategico si fondono: Ottimizzare per ChatGPT Shopping non sarà solo questione di keyword come nel SEO tradizionale, ma un misto di SEO tecnico (dati strutturati, crawling) e di content marketing/PR (generare buzz positivo e recensioni valide attorno ai prodotti). In un certo senso questo riporta all’idea originaria di SEO: offrire contenuti di qualità e una struttura solida, solo che ora il “lettore” primario è un modello di intelligenza artificiale. I SEO dovranno dialogare di più con sviluppatori e responsabili prodotto per assicurarsi che l’azienda “parli la lingua” dell’AI (via metadata e feed). Allo stesso tempo, curare l’esperienza utente finale diventa ancora più centrale: se un prodotto ha pessime recensioni ovunque, l’AI lo saprà e difficilmente lo consiglierà, a prescindere da quanto si provi a spingerlo.
Dal punto di vista SEO questa novità spinge verso una evoluzione del ruolo del SEO/marketer: non più solo posizionarsi su Google, ma ottimizzare la presenza del proprio brand/prodotto nei sistemi di intelligenza artificiale conversazionale. Chi saprà anticipare questa tendenza potrebbe guadagnare un vantaggio competitivo, mentre chi la ignorerà rischia di perdere terreno se una quota significativa di utenti migrerà su questi nuovi modi di cercare prodotti.
Come cambieranno le abitudini di ricerca degli utenti (soprattutto dei più giovani)
Oltre agli addetti ai lavori, ci sono loro: gli utenti finali. Come potrebbe evolvere il comportamento delle persone di fronte a questa nuova possibilità? Specialmente le nuove generazioni, cresciute a pane, app e social network, potrebbero abbracciare con entusiasmo un modo più interattivo di cercare prodotti. Vediamo alcuni scenari e riflessioni sulle abitudini di ricerca:
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Dialogare invece di digitare parole chiave: Per molti “nativi digitali”, parlare con un chatbot o un assistente virtuale è quasi naturale. Già usano Siri, Alexa o Google Assistant per avere informazioni veloci. ChatGPT porta questa interazione a un livello superiore: non solo ti capisce, ma ti fornisce ragionamenti e consigli completi. Un giovane che vuole comprare, ad esempio, un nuovo paio di scarpe da running potrebbe preferire chiedere direttamente all’AI quale modello comprare per le sue esigenze, anziché leggere 5 articoli e 20 recensioni su siti diversi. È ricerca in linguaggio naturale, meno fatica cognitiva nel formulare query booleane o pensare alle keyword giuste. Questo abbassa la barriera: anche chi non ha esperienza nel cercare online in maniera efficiente può ottenere risposte di qualità semplicemente descrivendo ciò che vuole a ChatGPT.
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Velocità e convenienza prima di tutto: Le nuove generazioni sono abituate ad avere tutto e subito (basti pensare allo streaming on-demand, alle consegne in giornata di Amazon, etc.). Un assistente che in pochi secondi ti sforna una rosa di opzioni già ragionate è perfettamente in linea con questa mentalità “fast & easy”. Perché aprire vari siti, confrontare prezzi manualmente, leggere lunghe recensioni, quando un AI lo fa per te e ti presenta solo il succo? Ovviamente non tutti si fideranno ciecamente, ma molti apprezzeranno la riduzione del tempo di ricerca. Questo potrebbe portare un certo tipo di utente a saltare del tutto la fase di ricerca su Google o sui marketplace: se ChatGPT diventa affidabile, potrebbe diventare la prima tappa per farsi un’idea, un po’ come chiedere consiglio a un amico esperto.
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Interazione più umana e meno “da motore di ricerca”: Chi è cresciuto con le chat (Whatsapp, Messenger, Telegram) si trova a suo agio a scrivere domande come se stesse parlando con una persona. Le query sui motori di ricerca spesso sono telegrafiche (“miglior smartphone 2023 prezzo”), quasi un linguaggio criptico. In ChatGPT puoi scrivere: “Sto cercando uno smartphone nuovo, budget 300€, mi interessa soprattutto la fotocamera – consigli?”. Questo modo di esprimersi è più spontaneo. Le nuove generazioni potrebbero sentirsi più capite da un sistema conversazionale rispetto a una pagina di risultati nuda e cruda. Inoltre, la possibilità di fare domande successive tipo “perché mi consigli questo?” e ottenere una spiegazione, crea fiducia e un senso di rapporto più personale con lo strumento.
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Ricerca vocale e assistenti sempre più utili: Non dimentichiamo che ChatGPT può essere integrato in applicazioni mobile e magari un domani in assistenti vocali. Immaginiamo tra qualche anno: chiedi con la voce al tuo smartphone (o smart speaker) di trovare un certo prodotto e l’assistente vocale, grazie a ChatGPT Shopping, ti elenca 2-3 opzioni spiegandotele a voce, magari con la possibilità di confermare l’acquisto direttamente. Questo scenario è molto attraente per chi già oggi utilizza la voice search. I giovani, in particolare, che spesso dettano messaggi o usano note vocali, potrebbero gradire fare shopping in questo modo ultracomodo. Sarebbe un’evoluzione dell’e-commerce quasi in stile “Jarvis di Iron Man”: conversare per comprare.
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Dalla ricerca su social a quella su AI: C’è un trend attuale per cui Gen Z e Millennials cercano ispirazione per gli acquisti su piattaforme come Instagram, TikTok o Pinterest, più che su Google. Perché? Preferiscono contenuti visuali, consigli da influencer, formati video brevi. ChatGPT Shopping, pur non essendo un social, potrebbe intercettare parte di questo bisogno di consiglio veloce e su misura. Non ha i video accattivanti di TikTok, certo, ma fornisce risposte immediate e personalizzate. Potrebbe diventare un ibrido: meno “freddo” di Google, più utile e diretto di un social dove comunque devi guardare vari contenuti per trovare info pratiche. Magari un utente vede un prodotto su TikTok e poi va su ChatGPT a chiedere “è valido quel prodotto? me ne consigli altri simili?”. I canali non si escludono a vicenda, ma l’AI conversazionale può diventare un anello importante nella catena di decisione d’acquisto delle nuove generazioni.
Va detto che non tutti abbandoneranno dall’oggi al domani le vecchie abitudini. Ci sarà probabilmente una fase di convivenza: molti useranno ChatGPT in parallelo a Google, confrontando i risultati, soprattutto all’inizio per testarne l’affidabilità. La fiducia è un fattore cruciale: se l’AI dovesse sbagliare consigli (proponendo ad esempio prodotti scadenti spacciandoli per top, o non cogliendo qualche esigenza particolare) alcuni utenti ne uscirebbero scottati e tornerebbero alle fonti tradizionali. Le nuove generazioni sono sì aperte alle novità, ma anche abbastanza sgamate da fiutare se qualcosa non funziona. Tuttavia, se l’esperienza si dimostrerà solida, è lecito aspettarsi che per i giovanissimi cercare su un chatbot diventi normale tanto quanto lo è stato per noi “googlare” qualsiasi cosa.
Sguardo al futuro: implicazioni a lungo termine per SEO, merchant e ricerca di prodotti online
Questa innovazione è un semplice esperimento o l’inizio di una rivoluzione nel modo in cui cerchiamo e compriamo prodotti? Proviamo a guardare più avanti e immaginare le conseguenze a lungo termine, tenendo conto sia delle opportunità che delle possibili sfide:
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Verso un’esperienza d’acquisto sempre più assistita: Se la traiettoria attuale continua, potremmo vedere ChatGPT e strumenti simili diventare hub centrali per lo shopping online. Un domani, l’AI potrebbe non limitarsi a consigliare e reindirizzare, ma magari integrare direttamente funzioni di acquisto (chissà, un bel giorno potremmo acquistare senza uscire dalla chat, se venissero stretti accordi di pagamento con piattaforme esterne). Si arriverebbe così a un modello in cui l’utente descrive cosa vuole e l’assistente pensa a tutto: trova, confronta, consiglia e persino finalizza l’ordine su delega dell’utente. È una visione un po’ futuristica, ma che rientra in una tendenza chiara: ridurre gli attriti nel percorso di acquisto online. Per i merchant, questo significherebbe dover essere pronti a integrarsi via API e servizi con questi assistenti, un po’ come oggi ci si integra con Amazon Alexa per l’e-commerce vocale.
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Evoluzione della SEO in chiave “AI-first”: Il lavoro del SEO dovrà adattarsi strutturalmente. Oggi ottimizziamo per algoritmi di ranking noti (con oltre 200 fattori, backlink, contenuti, etc.), domani dovremo ottimizzare per modelli linguistici. Significherà, ad esempio, fornire al modello le informazioni giuste nel formato giusto (dati strutturati, feed, contenuti facilmente parseable), ma anche capire come l’AI valuta la “qualità”. Potrebbe non essere più questione di meta-tag o velocità del sito (il modello pesca i dati e basta, l’UX del sito conta meno se l’utente non lo visita affatto), quanto piuttosto di sentiment del brand, recensioni positive autentiche, presenza diffusa online. Il confine tra SEO, content marketing e digital PR si farà ancora più labile. Inoltre, nascerà forse la figura del “AI Optimization Specialist”, qualcuno che studia specificamente come interagire con e fornire dati a sistemi come ChatGPT, Bing Chat, Google Bard e altri, per massimizzare la presenza dei propri contenuti e prodotti nelle loro risposte.
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Monopolio vs ecosistema distribuito: Un aspetto da tenere d’occhio è chi controllerà la porta d’accesso ai consumatori. Oggi Google è un collo di bottiglia enorme: controlla gran parte delle ricerche prodotto e quindi delle vendite referral. Se ChatGPT (o altri assistenti AI) guadagneranno terreno, avremo un ecosistema un po’ più distribuito o semplicemente un nuovo gatekeeper? OpenAI al momento si posiziona come intermediario alternativo, ma nulla vieta che in futuro possa accordarsi con alcuni grandi attori (pensiamo a un eventuale partnership con Shopify o con grandi marketplace) e finire per privilegiare certe fonti. Se mantenesse l’approccio aperto (tutti possono partecipare, dati aperti), potrebbe nascere un ecosistema più democratico rispetto a Google. Tuttavia, se dovesse monetizzare con affiliazioni o accordi esclusivi, potrebbe creare nuove forme di pay-to-play. I SEO e i merchant dovranno monitorare queste dinamiche: oggi è un terreno vergine, domani potrebbe avere regole tutte nuove (ancora una volta!) a cui adeguarsi.
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Impatto sui marketplace e comparatori: Se un assistente AI fa bene il suo lavoro, potrebbe ridurre la necessità di andare su siti comparatori di prezzo o anche su marketplace come Amazon per cercare varietà di scelta. Certo, Amazon ha dalla sua la fiducia, le recensioni utenti e l’abitudine consolidata: difficilmente un utente Amazon Prime incallito smetterà di usare l’app Amazon. Però, se ChatGPT gli mostra un prodotto venduto su un negozio sconosciuto ma a prezzo inferiore e con buone recensioni, magari gli fa scoprire opportunità che su Amazon non avrebbe visto. In pratica, la concorrenza potrebbe aprirsi: i merchant indipendenti potrebbero ottenere visibilità se sanno farsi scegliere dall’AI. Questo ovviamente spinge anche Amazon & co. a migliorarsi (per esempio, Amazon potrebbe potenziare il proprio assistente Alexa Shopping per non restare indietro). Alla fine, i benefici per l’utente potrebbero essere prezzi migliori e più trasparenza su alternative di acquisto.
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Cambiamento nelle metriche di successo: Nel mondo SEO classico parliamo di ranking, CTR, conversioni su traffico organico. Nell’era dell’AI shopper, dovremo definire nuove metriche: percentuale di volte in cui un nostro prodotto viene raccomandato dall’AI per una certa query, ad esempio, o il tasso di conversione dei clic provenienti da ChatGPT (che potrebbero avere conversioni alte, essendo utenti già molto orientati). I merchant potrebbero voler ottimizzare la “preferenza dell’AI”, un concetto inedito. Forse un giorno chiederemo “ma il mio prodotto è AI-friendly? Lo consiglierà mai ChatGPT?”.
In definitiva, l’integrazione dello shopping in ChatGPT sembra indicare un futuro dove ricerca e acquisto si fondono in un’unica esperienza mediata dall’intelligenza artificiale. Per SEO e merchant, questo scenario offre opportunità di innovazione ma richiede grande capacità di adattamento. La long term vision potrebbe essere quella di un web in cui i migliori contenuti e prodotti emergono non solo scalando posizioni su Google, ma venendo riconosciuti come tali da AI sempre più sofisticate. Ci aspettano sfide interessanti: dovremo mantenere un approccio flessibile, continuare a imparare e magari riscoprire l’importanza di principi fondamentali (dati di qualità, soddisfazione reale del cliente) che nessun algoritmo – tradizionale o AI – potrà ignorare.
Punti cruciali:
Aspetto | Cosa Sta Cambiando |
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🛍️ Nuova funzione ChatGPT | ChatGPT diventa un assistente allo shopping: mostra prodotti con immagini, prezzi, descrizioni e link per l’acquisto, tutto dentro la conversazione. |
🧩 Origine dei dati prodotti | I prodotti vengono suggeriti usando metadati strutturati (Schema.org), recensioni online e fonti terze. Non serve un feed come su Google Merchant (per ora). |
🤖 Esperienza vs Google | ChatGPT non mostra pubblicità, risponde in linguaggio naturale e personalizza i consigli. Google mostra una lista. ChatGPT ti guida nella scelta. |
🔎 SEO: nuova ottica | Non basta più posizionarsi su Google: bisogna essere comprensibili e leggibili per l’AI. Dati chiari, recensioni positive e reputazione contano più delle keyword. |
👥 Comportamento utenti | I giovani cercano parlando. ChatGPT è più rapido e comodo per trovare ciò che serve. Il classico “googlare” perde appeal nelle generazioni app-native. |
🚀 Opportunità per eCommerce | Anche piccoli shop possono ottenere visibilità, se ben strutturati. L’AI non privilegia i big, ma i dati accessibili e i contenuti rilevanti. |
⚠️ Rischi per chi fa SEO classico | I siti di comparazione e recensione rischiano meno traffico: ChatGPT riassume i contenuti e “trattiene” l’utente nella chat. |
🔮 Prospettive future | Verso acquisti dentro l’AI. Nuove metriche: sarà importante “piacere” all’AI, non solo salire in SERP. Nasce l’ottimizzazione AI-first per prodotti e contenuti. |
E te cosa ne pensi? 🙂